DI RITORNO DA UN VIAGGIO CHIAMATO TEATRO
Poso la valigia sul pavimento della studio.
La guardo. Lei, compagna di intere serate.
Saliva in auto con me a metà pomeriggio, il martedì, per essere riposta nel suo angolo, dietro la porta dello studio, la sera, dopo aver girovagato in un mondo a noi sconosciuto e incredibile.
Il viaggio è terminato, cara amica mia, discreta custode dei tanti abiti indossati, dei tanti volti al mio sovrapposti. O delle tante maschere tolte tra una fermata e l'altra.
Non ho il coraggio di spogliarti, di restituirti agli occhi dei curiosi.
Solo tu e io sappiamo le tante emozioni vissute assieme: le corse, le fermate, le riprese improvvise al ritmo di quelle musiche smorzate di colpo e poi di nuovo padrone delle nostre camminate ora lente, ora frenetiche e senza meta, almeno all'occhio del distratto, che non coglie il papavero che, solo, spunta in mezzo ad uno spiazzo di cemento.
Tutto ricordi, ma più fedele del lezioso e linguacciuto diario, tu non ti lasci sfogliare. A te nulla sfugge.
Resta segreto il tuo contenuto, lì tra una tasca e l'altra delle tue innumerevoli stanze.
C'è ancora, infilata nell' apertura anteriore, dentro la custodia di quegli occhiali bizzarri e quadrati, la pipa del mio papà. Che buono il suo odore: sa di nido sicuro.
E quella buffa molletta? Tutte piume e paillettes, un po' cocotte e un po' madame. Che poi, a ben vedere, girala dove vuoi, è la stessa medaglia.
Mi rivedo volteggiare a te abbracciata. Mi faccio ridere e un po' provo invidia per quel nostro tango, strette strette, aggrappate alle note di quel motivo noto, dai, che tu lo ricordi di certo!
Discreta mi guardi da dietro la porta del tuo cantuccio.
Mi guardi con aria complice, a dirmi che di viaggi ce ne sono, uff, un'infinità!
Basta allungare il manico, e con te scivolare lungo le strade lastricate di voglia di lasciarsi andare. Non occorre neppure la mappa per il luogo dove non si teme il giudizio dell'altro nè il proprio.
Unica credenziale di accesso? Desiderio di avventura e divertimento.
La guardo. Lei, compagna di intere serate.
Saliva in auto con me a metà pomeriggio, il martedì, per essere riposta nel suo angolo, dietro la porta dello studio, la sera, dopo aver girovagato in un mondo a noi sconosciuto e incredibile.
Il viaggio è terminato, cara amica mia, discreta custode dei tanti abiti indossati, dei tanti volti al mio sovrapposti. O delle tante maschere tolte tra una fermata e l'altra.
Non ho il coraggio di spogliarti, di restituirti agli occhi dei curiosi.
Solo tu e io sappiamo le tante emozioni vissute assieme: le corse, le fermate, le riprese improvvise al ritmo di quelle musiche smorzate di colpo e poi di nuovo padrone delle nostre camminate ora lente, ora frenetiche e senza meta, almeno all'occhio del distratto, che non coglie il papavero che, solo, spunta in mezzo ad uno spiazzo di cemento.
Tutto ricordi, ma più fedele del lezioso e linguacciuto diario, tu non ti lasci sfogliare. A te nulla sfugge.
Resta segreto il tuo contenuto, lì tra una tasca e l'altra delle tue innumerevoli stanze.
C'è ancora, infilata nell' apertura anteriore, dentro la custodia di quegli occhiali bizzarri e quadrati, la pipa del mio papà. Che buono il suo odore: sa di nido sicuro.
E quella buffa molletta? Tutte piume e paillettes, un po' cocotte e un po' madame. Che poi, a ben vedere, girala dove vuoi, è la stessa medaglia.
Mi rivedo volteggiare a te abbracciata. Mi faccio ridere e un po' provo invidia per quel nostro tango, strette strette, aggrappate alle note di quel motivo noto, dai, che tu lo ricordi di certo!
Discreta mi guardi da dietro la porta del tuo cantuccio.
Mi guardi con aria complice, a dirmi che di viaggi ce ne sono, uff, un'infinità!
Basta allungare il manico, e con te scivolare lungo le strade lastricate di voglia di lasciarsi andare. Non occorre neppure la mappa per il luogo dove non si teme il giudizio dell'altro nè il proprio.
Unica credenziale di accesso? Desiderio di avventura e divertimento.
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