CENTO LIBRI E NON SENTIRLI

Andrea Camilleri
L'ALTRO CAPO DEL FILO
  
Solo un grande scrittore come Camilleri può arrivare a quota cento romanzi e mantere la stessa freschezza dei primi e giovanili scritti.
Partito come sceneggiatore, l'autore di Porto Empedocle ha poi pubblicato romanzi storici, saggi, oltre alla ultrafamosa serie delle indagini di Montalbano.


E ora, alla tenera età di 90 anni, torna a sorpendere i suoi lettori con una nuova storia tanto avvincente quanto capace di scandagliare la complessa e tragica situazione degli sbarchi sulle coste sicule.

Facciamo un po' di ordine; più facile a dirsi che a farsi, visto l'entusiasmo che ha prodotto in me la lettura dell'ultima fatica dell'Andrea nazionale, al punto che, terminato il romanzo alle due di questa notte, mi sono dovuta imporre di non precipitarmi al PC per scriverne, preferendo, come accade per i vini importanti e strutturati, lasciarlo decantare per qualche ora.

Si parte!

In una Vigata presa da assalto dall'emergenza degli sbarchi dei migranti, la questura del commissario Montalbano si trova a dover sopportare il peso dei doppi turni di lavoro per garantire l'ordine in città.
Nel cuore della notte, durante una delle consuete operazioni di ancoraggio dei barconi, Montalbano viene avvisato della presenza di un "catafero". 
Precipitatosi sul luogo del delitto, compende subito che la vittima dell'efferato delittro altri non che la bella Elena, la sarta alla qule, complice Livia, Salvo aveva commissionato un abito su misura.
Gli indizi sembrano non voler portare alla soluzione di un caso così anomalo, quando la perizia e l'intuito del commissario riescono a garantire la soluzione dell'enigma.

Al di là della trama, che risponde perfettamente ai canoni del noir, ciò che fa di questo romanzo un'opera di gradevolissima lettura, una sorsata di acqua fresca nella canicola milanese, è l'analisi e la presentazione dei personaggi.

Non occorrono all'autore pagine su pagine per descrivere i suoi protragonisti e renderli familiari al lettore: sono i loro gesti, le loro azioni o i loro  ricordi che ne  delinenano la fisionomia.
E come in tutti i gialli all'italiana che si rispettino, anche Camilleri non rinuncia all'analisi della situazione storica e politica in cui la vicenda si inserisce.

L'autore racconta, lontano dalla retorica della cronaca, il dramma dei migranti da una lato e la difficoltà di chi accoglie, troppo spesso in situazioni di emergenza, dall'altro.

Dalle pagine del romanzo prendono vita storie di dolore e violenza, di sfruttamento e rassegnazione.
Ma non mancano esempi di grande solidarietà umana, che ricordano la generosità del popolo lampedusano, tanto magistralmente raccontata nel film "Fuocoammare".

Ciò che colpisce di questo romanzo, ma non stupisce il lettore già avvezzo alla fliuidità narrativa di Camilleri, è la grande capacità di amalgamare la riflessione storico-politica con l'intricata trama della vicenda: un equilibrio quasi circense.

Immaginate di assaporare un piatto di pasta alla Norma in cui si riesca a distinguere nettamente il sapore della melanzana, quello del pomodoro e della ricotta salata, ma in cui nessuno dei tre prevalga sull'altro, ma tutti si fondano in un unico e inimitabile sapore.

Ecco, questo è Camilleri, questo è il suo ultimo lavoro.

E come davanti ad un piatto magistralmente assemblato non ci si ferma fino a che il piatto non rimane davati a noi bianco e immacolato, così, preso in mano L'altro capo del filo, non lo si riporrà nella nostra strabordante libreria fino a che non si sarà letta l'ultima pagina, nota compresa.

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