Osvaldo

Sono l'equilibrista della notte,
sordo alla vita che troppo ha gridato
sopra la mia faccia una verità
che sa di aceto.

Galleggio nella notte,
uno sgabello, sempre quello,
uno sgabello, la mia America,
uno sgabello, il mio approdo.

Io le vedo le vostre facce pietose,
il riso che si muta in pena,
gli sguardi volluttuosi a frugare i miei misteri,
io sacerdote di disperata frenesia.

Io vi vedo e non  vi sento.

Vi annuso.


Annuso la vostra paura di precari
funamboli di una sera che non ha
inizio e si confonde con un mattino
che ha il colore del latte e per me sapore di vino.




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