Manzini, basta la parola!

Lo sapevo, e' ripartito il sacro furore della lettura, quello che stava sopito sotto la cenere generata da 3 mesi di scuola, intensi e logoranti.
Non che nel frattempo non abbia letto, direi una bugia, ma quel trascinarsi tra una pagina e l'altra, con l'occhio che fatica a stare aperto non mi appartiene.
I libri, tutti, belli o brutti, io amo mangiarli, così, avidamente e non sbocconcellarli come una signorina tutta smalto e unghie lunghe che assapora un insipido aperitivo di serie.
Quelli brutti perché non vedo l'ora di archiviarli per dare spazio ad altri. Quelli belli perché ... Perché è come quando sei innamorato e non vorresti mai lasciare l'essere che ti fa battere il cuore.

Bene, Manzini, nel giro di un paio di settimane, e' riuscito a farmi palpitare d'amore per ben due volte.

"Orfani bianchi" e "7/7/2007" sono due romanzi diversi per trama e personaggi, ma accomunati dallo stesso sentimento di malinconia che, anche una volta chiusi i libri, non ti abbandona. E te la tieni lì' sul comodino e te la coccoli e non te ne vuoi staccare.

In questo momento ho appena chiuso l'ultimo episodio della saga di Rocco Schiavone e già mi manca terribilmente. L'ho divorato in due nottate matte e disperate per poi centellinarlo nel corso della giornata, per il timore che potesse terminare troppo rapidamente.

Non voglio parlare della trama ne' dell' uno ne' dell'altro romanzo, lascio a quanti non hanno ancora avuto l'onore di aprirli la bellezza della sorpresa.

Ma una cosa la devo dire, non riesco a tenermi: come racconta Manzini l'amore, quello assoluto, tra coniugi o tra madre e figlio, insomma, mette i brividi, fa quasi male. Quelle tinte senza chiaroscuri, così nette da ferire la vista, quel tutto che spinge a gesti estremi...
impietoso di fronte al l'essere umano, alle sue debolezze e ingenuità, senza mai indulgere in laconici commenti o sferzanti pennellate di ironia.
No, stai lì, tu lettore, e ti ritrovi trascinato in vortice di sentimenti, situazioni alle quali vorresti mettere mano per dare una mano ad un destino che non può essere così impietoso. E invece, come i protagonisti, anche tu vivi e subisci, per poi chiudere il libro e sentire che Mirta, Rocco, Marina, Sebastiano... Vorresti ancora fare un tratto di strada con loro

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