Nunquam

In palese polemica con quanti ritengono il latino lingua non solo morta , ma ormai trapassata, intitolo il mio post NUNQUAM, mai più.
 Mai più scrivere per commissione di qualcuno senza prima mettere bene in vista paletti, no, piloni, insormontabili, fidandosi solo del buonsenso.

Non avevo mai associato l'atto di scriverere al gesto fisico: era sempre stato qualcosa per me di estremamente mentale. Le idee nascevano in contemporanea con le dita che pigiavano le letere della tastiera.

Quando l'ernia cervicale ha iniziato a farsi sentire, le ie braccia e le mie mani hanno iniziato ad essere un qualcosa di staccato da me, dalla mia volontà. Volevo leggere  e scrivere e loro non rispondevano più ai miei comandi.

E' stato da quel momento che ho iniziato ad avere maggiore rispetto per i mei arti e per il mio corpo in generale, dato come qualcosa di scontato e mai rispettato e amato fino in fondo.

Per settimane non sono più riuscita a fare ciò che per me ha sempre rappresentato la normalità.

Tenere un libro in mano faceva male: il collo tirava, gli avambracci faticavano a reggerne il peso.

Quando mi accostavo alla tastiera, anche peggio: un elastico tendeva fino al dolore collo, spalle, braccia.

Per giorni, che mi sono sembrati interminabili, ho avertito il sentimento della noia, no, del tedio. Giornate sempre uguali sembravano susseguirsi senza posa e io mi sentivo imprigionata in un corpo che non era il mio, che non riconoscevo come mio.

Ora non tutto è tornato come prima, ma il restare lontana da me stessa è ben più doloroso delle ernie che mi tengono compagnia e che mi ricordano che non tutto è scontato e per questo, in parte, le ringrazio.

Non voglio vivere per sottrazione solo per non provare dolore. Preferisco sentire il mio corpo che si lamenta ma sapere il mio spirito ancora vivoe libero di esprimersi.

Non è da molto che ho ripreso a battere sulla tastiera, più o meno una settimana fa.
 Non sapevo neppure se sarei riuscita a scrivere per intero ciò che la mente dettava, ma, sebbene il dolore fosse acuto, sono andata avanti.

E' stata dura, ma ne sono uscita felice e con l'impressione di essermi ritrovata: io e le parole.

Le parole non sono tanto differenti dalle note: ciascuno, con i  propri mezzi, mette sullo sprartito le proprie emozioni, le proprie idee.
Anche le pause, i silenzi.

Ecco, se sapessi suonare e qualcuno mi affidasse il suo spartito, cercherei di rispettarlo e interpretarlo al meglio, per non violare la carne che lo ha prodotto.

Le parole sono come le note e gli spazi bianchi come le pause: hanno un loro valore, un peso.

Non si può leggere una poesia come se si leggesse un bollettino meteo. Sarebbe come suonare un qualsiasi brano musicale senza rispettarne i tempi, la durata delle note, i silenzi.
 Per questo NUNQUAM.

Cercando di superare paure e limiti.











Commenti

  1. Grazie Martina,hai ragione, ci dimentichiamo spesso che tutto é donato e che talvolta il dolore é il solo modo perché ne prendiamo coscienza e torniamo ad appezzare davvero cio' che davamo pr scontato.

    RispondiElimina
  2. Grazie a te per tutte le volte che le tue parole mi sono state di conforto e di aiuto

    RispondiElimina

Posta un commento

Post più popolari