CORSI E RICORSI

Solo pochi giorni fa ho scritto un post nel quale analizzavo me stessa alla luce di quanto accaduto lo scorso anno: ernie e compagnia a briscola.

E ora sembra che l'orologio abbia preso a correre al contrario: mi ritrovo al via, come al Gioco dell'oca.

Mi vedo come un criceto che continua a correre sulla sua stupida ruota per non approdare in nessun posto.

E ho paura. Sì, ho paura e sono sconfortata perchè non è facile ricominciare tutto nuovamente sapendo già il male che si dovrà patire, le limitazioni che per giorni, settimane (?) impediranno lo svolgere quotidiano della propria esistenza.

Un'amica mi ha detto che il punto dolente del capricorno è la schiena, be', avendo anche l'ascendente nello stesso segno, che dire... una botta di vita!

Per citare W.Allen "voglio rientrare nell'utero materno" per nascere quei 10  minuti prima o dopo ed evitami l'ascendente cornuto e magari avere un po' meno mal di schiena.

Quando giovedì il Doc  ha guardato la risonanza e poi mi ha spiegato la situazione, ecco, è stato come se le mie emozioni a poco a poco si cristallizzassero in un forma indefinita che io cercavo di mantenere ferma per non sciogliermi in un mare di lacrime.

Sono ernie, nulla di tragico, poteva decisamente andarmi peggio. Razionalmente so tutto. Razionalmente so anche di essere stata baciata dalla fortuna.

Ma non sono fatta solo di ratio. Anche la parte emotiva ha un peso e, chi miconosce bene, sa anche che ha un peso specifico non da poco.

Uscita dallo studio medico, dopo che il mio superdoc, nel quale ripongo assoluta fiducia, mi diceva di digerire la notzia e di abituarmici, ho iniziato a sentire un nodo, un "ovo sodo", per dirla alla Virzì, che non ne voleva sapere nè di scendere nè di salire.

Stava lì a bloccare il respiro insieme al collare.

Ero in autobus e pensavo che avrei retto, che sono forte, che il provare a buttarmi nel lavoro mi avrebbe aiutata, invece il mio tarlo stava scavando.

E scavava e scavava fino a rendermi difficile il parlare, il confrontarni, il trovare soluzioni che non fossero scappare via e lasciare che il groppo si sciogliesse in lacrime.

Ho pianto come una scema: per strada, in birreria, a casa, di notte, tanto da alzarmi il giorno dopo con un orecchio tappato

Ho pianto per rabbia, per delusione, per paura. Mi sembrava inutile tutto il lavoro fatto l'anno precedente, i sacrifici, la costanza, il crederci, il non mollare. Anche i soldi spesi, perchè no.

Anche ora non sono serena: il male inizia ad affacciarsi alla porta, le braccia mi tirano mentre scrivo. Il collo è rigido e la schiena pure.

Mi pesa il non poter lavorare, andare col mio gruppo di teatro ad esplorare nuovi spazi e dimensioni.

Mi pesa non poter controllare me stessa e sentirmi bloccata in un'armatura che non mi sono scelta.

Mi pesa un po' tutto, ma in particolar modo il mio non darmi tregua.

Il tempo, sì, aggiusta tutto, ma io e lui stiamo viaggiando a velocità diverse.


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