Faccio outing: non sono più soda

E' inutile fingere di essere quello che non si è più. Puoi mettereti creme antirughe per minimizzare i segni del tempo sulla pelle, il correttore per nascondere a te stesso e, soprattutto la mondo, le occhiaie, il fondotinta per avere una pelle più luminosa, ma quando l'estate arriva, allora cadono i veli.

Per causa di forza maggiore inizi a scoprirti e lì nonc'è trucco che tenga: la carne è, per citare un film di Almodovar, "tremula".

Le braccia iniziano a ballonzolare e le gambe e i glutei ricordano più la consistenza di un budino che non l'anatomia scultorea di una figura michelangiolesca.

E' così poco conta che tu ti sforzi di pensare a soluzioni altrenative quali fanghi, alghe, creme, massaggi.

Ad un certo punto la tua carne ti molla ricordandoti che il tempo è passato, mentre tu sei ancora ancorato ad un'immagine di una te stessa di vent'anni prima, quando, crudele destino, non badavi a nessuna di quelle cose che l'oggi ti presenta da pagare.

Io sono stata viziata dalla vita. Non ho mai avuto problemi di acne, cellulite e altre catastrofi simili, ma, soprattutto, ho sempre goduto di una buona salute che mi ha permesso di realizzare ciò che desideravo.

Qualche giono fa sono andata in un negozio con mia madre, avvenimento storico! Mi sembrava di essere tornata ragazzina, quando andavo con lei a fare shopping. Entro in un camerino per provare un paio di pantaloni.

Un camerino illuminato impietosamente da luci al neon e tappezzato di specchi: dietro, ai lati e pure davanti.

Mentre mi sfilo i calzoni l'occhio mi cade sulla mi sagoma posteriore. Mi pare di vedere un livido, poi con uno sforzo maggiore, serrando gli occhi, mi accorgo che no, non si tratta di un livido, ma di un groviglio di venuzze che hano deciso di disegnare una graziosa ragantela sulla mia gamba.

E poi lei, la tanto temuta cellulite in tutto il suo drammatico inestetismo.

Metto da parte l'orgoglio e ammetto: il colpo c'è stato, ma la reazione è stata immediata.

Sono uscita dal camerino recitando il mantra della disperata indifferenza."nongirartipiù nongirartipiù nongirartipiù nongirartipiù".

Convivo così con l'amara realtà cercando di minimizzare i danni.

No, mento. A volte ci resto male quando penso di rivedermi come anche solo dieci anni fa e al posto di glutei sodi e braccia toniche mi ristrovo i miei budini.

Per non parlare del seno. Piccolo è sempre stato piccolo, ma almeno sodo, tanto che non ho mai portato il reggiseno se non quando indossavo magliette bianche.
Nina, durante l'allattamento mi ha risucchiato anche la ghiandola mammaria.
E così, per non sembrare una tavola da surf, indosso reggiseni gommapiumosi che fanno sì volume, ma anche un caldo boia!

Piano piano però ci si affeziona al propio corpo che cambia e forse gli si vuole più bene, perchè non si danno più per scontate quelle certezze che la gioventù dava per acquisite. S'impara a coccolarsi.

Certo, ho perso quella sicurezza di una volta. Il tempo che passa, però, mi ha fatto ritrovare quel pudore che la sfrontatezza della gioventù aveva nascosto.

E ne sono felice.

Mi voglio più bene e, sopratutto, so di avere un corpo.

Un corpo che può decidere di fermarsi e darmi dolore quando meno me lo aspetto.

Allora cerco di ascoltarlo e di rispettarlo, così che anche lui possa rispettare me e il mio desiderio di continuare a vivere facendo della mia vita, ogni giorno, un percorso a zig zag, meno rettilineo, ma di certo più eccitante.

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