BELLO ANCHE SE SOLO UN SOGNO

Questa mattina  mi sono svegliata con una strana sensazione di vuoto e malinconia.
Ancora assonnata, gli occhi che faticavano ad accogliere la tenue luce che passava dalla persiana, ho cercato di frugare tra i sogni della notte senza trovare nulla capace di spiegarmi quel buco-

Poi, all'improvviso, l'immagine chiara e nitida di mio padre.

Mi capita raramente si sognarlo, a volte è solo una muta immagine. Questa volta no.

Tutto allora si è schiarito. Ho ricordato nitidamente. Tutto così vero da lasciarmi un alone di straziante vuoto dentro.

Eravamo in cucina, in montagna, esattamante come è ora, con la parete di fondo giallo ocra e i piatti in ceramica blu e biachi alle pareti.

Papà era appoggiato al mobile basso e lungo che costeggia la tavola. Pantaloni corti, maglietta, cibatte estive e la sua classica posa: un piede nudo appoggiato all'altro. Le gambe dritte e muscolose, giovani, senza neppure una vena in rilievo, le caviglie snelle ma sicure e solide.

Il braccio posato sul fianco metteva in luce la tua muscolatura , muscoli nati dalla fatica e dall'allenamento al lavoro quotidiano e non frutto di sudate artificiali da palestra.

La mia attenzione è andata subito alla tua mano che, piegata, trovava riposo sul bacino.

Papà, la tua mano grande e forte eppure affusolata, bella, come raramente ho visto in un uomo. Le dita lunghe, senza nodi, non come le mie che sono stortignacole, più simili a quelle di mamma.

L'atmosfera era quella di una giornata qualunque, come le tante spesso tutte uguali che abbiamo vissuto insieme e alle quali non ho saputo dare il giusto valore, quelle giornate che vorrei tanto rivivere per poter godere fino in fondo della tua presenza.

Si chiacchierava e tu parlavi, non ricordo di cosa, ma il tono della tua voce è rimasto vivo nelle mie orecchie. Il tuo timbro tonante e allegro. Col tuo vocione eri capace di incutere paura e al contempo esplodere in una fragorosa risata.

Io stavo bene, seduta sulla nostra sedia di paglia, le gambe raccolte al petto, rannicchiata nel mio nido, calma e sicura come da sedici anni non mi capita più di essere.

Mi manchi. Mi manca il tuo essere sempre certo e solido, la schiettezza e la sicurezza che sapevi infondere in me, sempre incerta se avanzare o restare ferma.

Sapevo che se dicevi che un qualcosa era possibile allora lo era davvero, così mi ci buttavo, senza paura nè di cadute nè di battute d'arresto.

Mi sentivo forte al tuo fianco, capace di affrontare il mondo, sicura che là fuori ci fosse un posto anche per me, confezionato su misura.

Da quando te ne sei andato troppe cose sono cambiate, troppo sono cambiata io. Forse non mi riconosceresti neppure più.

Mi sono riempita di paure e insicurezze, il passo non è più saldo come un tempo, ora guardo attentamente dove poggiare i piedi, perchè so che se cado tu non ci sei a sollevarmi.

Noi non abbiamo mai parlato tanto, io ero una ribelle sempre in movimento, sempre pronta ad andare da un posto all'altro.

Però quei nostri muti dialoghi quando rientravo a sera tarda e tu e mamma eravate a letto a guardare la tv, dicevano tutto.

Io mi sdraiavo davanti a voi per raccontare della giornata trascorsao anche solo per guardare uno stralcio di film o dibattito politico con voi.

La sensazione che nulla di male mi sarebbe mai accaduto lì, tra voi, ecco, l'ho smarrita quel maledetto 29 gennaio 2002.

Da allora il nido è franato e io con lui.

E' stato difficile rimettersi in piedi, ancor più camminare sapendo di non trovarti se mi voltavo.

Nel sogno, nella nostra cucina, mi sono sentita nuovamente figlia, figlia, completamente e non al 50%.

Ora sono anche madre e il regalo più bello è ritrovare i tuoi occhi, scuri, due perle nere nere, nel volto di mia figlia, che porta il tuo nome e lo sa portare con dignità e orgoglio, proprio come te.

Caro papà, torna più spesso a trovarmi, acnhe se solo in sogno.

Anche così è bello. Straziante, ma ugualmente bello.

Mi pesa solo non averti potuto salutare davvero quel terribile giorno. Un distratto "a stasera".

Non sapevo sarebbe stato il nostro addio.

Potessi tornare indietro, non mancherei di dirti tutti i giorni il bene che ti voglio, mettendo da parte i mille impegni e regalandoci il tempo per quell'aperitivo insieme che non abbiamo mai fatto.

Da allora cerco e mi sforzo di dare alle persone che amo più che posso di me stessa, perchè possano sapere, nei gesti del quotidiano, quanto tengo a loro e non dovermi ritrovare nuovamente a gestire un rimpianto troppo grande, quello di non essere stata presente come avrei voluto e dovuto.


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