PASTASCIUTTA ANTIFASCISTA
25 LUGLIO 1943-2016


Sono molto emozionata perché ieri pomeriggio, finalmente, ho partecipato a Casa Cervi alla pastasciutta antifascista.

Per chi ancora non sapesse di che si tratta, due parole di chiarimento.

Il 25 luglio del 1943, il Gran Consiglio del fascismo vota la sfiducia a Mussolini. È la fine del suo ventennale governo.
In molti, spontaneamente, scendono per le strade a festeggiare, convinti anche dell' imminente fine della guerra.

Vengono distrutti i busti del duce, strappate le sue effigie sui manifesti.

A Gattatici (Reggio Emilia), la famiglia Cervi, decide di offrire nell'aria della propria casa, quella che ora è la casa museo Cervi, una pastasciutta, per festeggiare il tramonto della dittatura.

È una pasta semplice, fatta coi prodotti della terra Reggiana: burro e parmigiano e con tanto cuore.

La storia però è crudele e il 25 luglio 1943 segna l' inizio della pagina più triste per l'Italia.

Da anni casa Cervi ricorda questo momento, così importante per le sorti della famiglia e insieme al ricordo, per onorare la memoria dei sette figli di Alcide, uccisi il 28 dicembre dello stesso anno, propone serate teatrali, incontri e dibattiti con chi della resistenza fa ancora oggi la propria ragione di vita.

Quest'anno, ospite, Ignazio Cutro', imprenditore di Bivona (Ag), che ha deciso da anni di denunciare la mafia, divenendo collaboratore di giustizia e pagando a caro prezzo la sua scelta più che legittimo ,quella scelta che ciascuno di noi è chiamato a fare di fronte all' illegalità.

Emozionato e onorato di calcare un palcoscenico così carico di storia, ha raccontato la sua vicenda personale, invitando il pubblico a tenere gli occhi ben aperti perché ovunque è Sicilia.

Non è neppure mancato l' intervento di Delmo, Adelmo Cervi, figlio di Aldo, che ha spiegato il significato della ricorrenza.

Parlando di Delmo si apre uno scenario fatto di emozione e commozione, avendo avuto modo di conoscerlo in occasione delle celebrazioni in onore del sette fratelli Cervi.

Su di loro avevo letto molto, molto già sapevo dai racconti di nonni e genitori, ma sentire racontare dalla voce di Delmo la vicenda della sua famiglia è stato importante per accendere ancor di più l'esigenza di una testimonianza attiva.

Fino ad oggi non ho recensito volutamente due libri molto belli a loro dedicati, perché volevo che tutto fosse filtrato dalla visita alla casa Cervi.

Attraversare quelle stanze, vedere i libri sui quali di sera studiavano, toccare il ciclostile usato per la stampa clandestina, passeggiare per l' aia che li ha visti festeggiare e soffrire, sempre insieme riuniti...È stato come fare la loro conoscenza.

Una casa modesta, da contadini, tanto simile a quella dei miei bisnonni e nonni. Mobili massicci che si sono mantenuti nel corso degli anni, come il loro ricordo, il ricordo di mamma Genoveffa, papà Alcide, Ettore, Ovidio, Agostino, Ferdinando, Aldo, Antenore, Gelindo.

Una famiglia come tante, ma che "sapeva guardare lontano" è capace del sacrificio più grande, quello della vita, in nome della libertà e del progresso.

Per capire chi erano i Cervi, non si può non leggere I miei sette figli scritto da Alcide Cervi, papà Cervi.

Con un linguaggio vero, da contadino reggiano, un linguaggio molto vicino al verismo di Calvino de Il sentiero dei nidi di ragno,  viene ricostruita mattone su mattone la storia di questa famiglia, abituata da sempre a non sottostare al potere precostituito, ma a pensare e ad agire seconda coscienza.

Le speranze di miglioramento, i sacrifici, gli studi assidui, di sera, dopo il lavoro dei campi, per migliorare la resa dei terreni.

E poi la Politica, quella appunto, con la P maiuscola, quella che tanto manca oggi.

La politica dell' impegno e della partecipazione, la politica del bene comune non del bieco interesse personale.
Fino al sacrificio estremo, quando, arrestati in novembre, li conduce alla morte per fucilazione il 28 dicembre del '43.

E il dolore che sembra non voler abbandonare quella famiglia: le ennesime violenze da parte dei fascisti che, non paghi, bruciano nuovamente la casa.

Mamma Genoveffa che non regge a tanto e muore di crepacuore.

Una famiglia reggiana come tante, che avrebbe potuto voltare le spalle alla storia, ma che non l'ha fatto.

Una famiglia alla quale tutti noi dobbiamo un grazie di cuore, quando possiamo leggere liberamente libri o giornali, quando possiamo esprimere il nostro pensiero, quando possiamo votare.

Un grazie che non può limitarsi ad una celebrazione, ma che deve assumersi l'impegno di mantenere vigile l'attenzione e non voltare le spalle.

Altro libro che può contribuire a fare chiarezza su questa pagina importante della nostra storia e' "Io che conosco il tuo cuore", di Adelmo Cervi, figlio di Aldo.

Protagonista è un bambino di sett'anni che racconta suo padre, morto a 34 anni, quando lui aveva quattro mesi.
Emerge il dolore e il vuoto lasciato da questo genitore che la storia ha voluto trasformare in un mito, icona della lotta di liberazione.
Viene anche messa ancor più' in evidenza rispetto al romanzo di Alcide, il ruolo fondamentale svolto da Aldo nella presa di coscienza politica dell'intera famiglia: e' lui il primo a "voltarsi", ovvero ad abbracciare l'ideale comunista, appreso in un'università' particolare, il carcere di Gaeta.

Insieme ad Aldo il lettore ha modo di conoscere anche Verina, la compagna, che timida e silenziosa appoggia le scelte del suo uomo, mettendo da parte l'interesse personale, più che legittimo: averlo accanto a se' nella crescita dei figli.

Sarebbe interessante avere più  notizie sulle donne di casa Cervi, che contribuirono tanto quanto i propri uomini, alla liberazione di questo Paese, accettando di condividere rischi e solitudine.

Consiglio: leggere questi due importanti romanzi e andare a Casa Cervi.

È anche facilmente raggiungibile: autostrada A1, direzione Bologna, uscita Terre di Canossa. Da lì' troverete tutte le indicazioni.

Regalatevi questo viaggio nella storia, ne vale la pena.


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