Giuseppe Catozzella

ALVEARE
Classe 1976 e all’ attivo ha già numerosi libri, oltre a molte partecipazioni a quotidiani e settimanali.
Catozzella, milanese, è senza ombra di dubbio, uno degli scrittori più importanti sul fronte del romanzo di inchiesta.

Devo ringraziare di cuore una mia collega, Antonella, per avermelo segnalato, perché la lettura di questo testo ha davvero contribuito a squarciare un altro velo sulla tragica situazione di Milano e hinterland.

Una Milano che, se negli anni Ottanta era da bere, qualcuno ha pensato bene anche di mangiarsela, poco per volta, in silenzio, approfittando del clamore e degli schiamazzi che Cosa Nostra metteva in piedi con le stragi di Stato.

E mentre in Sicilia i Corleonesi facevano saltare in aria Falcone e Borsellino, a Milano la ‘ndrangheta affermava un potere già impiantato da anni.

Come le api, operose e silenti, a poco a poco creano il loro alveare, così gli uomini delle ndrine hanno tessuto la loro robusta rete, una rete nella quale siamo tutti impigliati.

Sì perché dopo la lettura di questo testo che, davvero, consiglio a tutti di leggere, non solo per la fluidità con cui scorre, ma soprattutto per una questione morale, la sensazione che ci accompagna è questa: sentirsi in trappola.

Non c'è ambito nel campo degli affari in cui non ci sia la presenza della ‘ndrangheta: movimento terra, edilizia, locali notturni e diurni, grandi opere...

Ovunque il nostro sguardo si posi, lì ci sono anche loro.

Dopo la lettura di questo libro sarà impossibile guardare il mondo senza porsi delle domande, senza analizzare ciò che ci circonda con occhi diversi, consapevoli e disincantati.

Milano, la capitale degli affari, della moda e, fino a qualche decennio fa anche della cultura.

Milano, operosa e geniale.

Milano della Bella Madunina

Milano, anestetizzata da tonnellate di cocaina, avvelenata da rifiuti tossici seppelliti ovunque ci sia un buco da riempire.

Milano, diseredata e abbandonata ad un destino tragico e irreversibile se, davvero, non si farà della cultura della legalità il proprio imperativo categorico.

Una cultura della legalità che non si limiti  solo allo studio e alla condivisione della letteratura, importantissima, ma non esaustiva.

Perché ci sia un  cambio di rotta, perché il tumore venga estirpato, occorre che ciascuno di noi si faccia garante del rispetto della norma.

Rispettare le regole, quel patto di condivisione giocato sulla reciproca responsabilità, perché la democrazia passa attraverso il farsi carico del proprio pezzo di Stato.

Non basta mettere una X sul meno peggio al momento del voto e poi delegare qualcuno, magari l’uomo solo a comando, senza mai monitorare, tenere gli occhi aperti, la mente vigile.
 E tutto ciò va insegnato nelle scuole da subito, perché la democrazia va non solo masticata, ma anche digerita.

Se Milano e la Lombardia, ma non solo, se l’ Italia è stata depredata è perché si è fatta depredare.

‘ndrangheta, mafia, camorra esistono perché ci sono le condizioni per farle esistere, perché mancano gli anticorpi e gli anticorpi costa caro crearseli.

Ma occorre.

Quando ho chiuso Alveare ho provato la medesima sensazione avvertita al termine della lettura di Gomorra e Zero zero zero di Saviano.
Prima sgomento e poi indignazione.

Indignarsi, verbo così desueto oggi eppure necessario come l’aria che respiriamo, quell’aria che gente senza scrupoli ci sta rendendo sempre più fetida.

Davvero, col cuore, leggete il romanzo-inchiesta di Catozzella, urge!





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